martedì 31 gennaio 2012

Nadèr Naderpùr



Nadèr Naderpùr nasce a Teheran nel 1929 da una famiglia di provenienza aristocratica. Di formazione persiana e francese, Nadèr esprime con la sua abilità e conoscenza, il massimo della raffinatezza poetica persiana che da sempre si distingue per armonia e finitezza. Nadèr, attento studioso della poesia occidentale, si avvicinerà più tardi alla lingua e alla poesia italiana. 

l’indovino

l’alveare del sole si era rovesciato
fuggite da lui le api di luce.
al di là dei prati,
calpestati dal cielo,
erano caduti
i rossi petali del tramonto.
un vecchio chiromante – il vento –
arrivò da una strada lontana,
avvolto intorno al collo  
lo scialle giallo dell’autunno.
era invitato, quel giorno,
dagli alberi della via
che dal suo lucido responso
volevano conoscere il destino.
ad ogni passo lo salutava un albero
ogni ramo gli tendeva la mano.
ad una ad una il vento respinse quelle mani,
poi, come uno zingaro, intonò un canto nostalgico.
cantò, cantò fin che i corvi della sera
evocarono la notte tra i rami degli alberi.
atterrite da quella voce, caddero sulle foglie
come se un colpo di fucile
le avesse colpite in cielo, a mille a mille.
come acqua, sulle foglie scivolò la notte.
ogni foglia una mano recisa:
il vento chiromante
senza guardare le linee delle palme,
aveva letto il destino di ogni foglia.

N.N.



Come anticipato nella piccola biografia, ritengo la poesia iraniana satura di armonia e finitezza.

Nadèr Naderpùr, coglie in pieno le virtù espressive dello stile asiatico-iraniano che nello specifico si distinguono ampiamente da altre forme di espressione poetica.

La graziosità del gioco dei termini, la capacità comunque di sostenere il ritmo cardiaco anche nella nobile traduzione che, presumo, essere figlia della grande Gina Labriola, dimostra la forza “spirituale” di un testo competente nell'andare oltre le comuni soglie del linguaggio. C’è la percezione che la letteratura poetica persiana, abbia in se forza e strumenti tali, da dimostrare la perfezione linguistica del verbo iranico malgrado “l’amplesso” con l’altrettanta imponente lingua italiana.

giordan     

sabato 21 gennaio 2012

e oltre non saprei



e oltre non  saprei a quella porta se
apre ai risvolti dubbi o
lascia le orme attigue al suolo
e basta

perché non poggiano
sono state ieri o più in  là o ancora
lontane lontane

ricorda quelle mete
che le faccia bianca sanno e di noi
ridono e
piangono
ma solo un po’
starnazzano

giordan






domenica 15 gennaio 2012

Valli Di Comacchio e Delta del Pò





rumore nella notte
non assomiglia ad ogni notte
la notte
non un tono  che norma  il tempo del travaso
di volta in volta

un caduco scandire a tratti
come rami colle foglie secche
cade
per vento cedere
e non c’è nulla a misurare le attese
spese a pensare alla morte

è perciò non uguale 
la notte ad ogni notte

tonfa a volte tra i fiori recisi e
lascia
un tempo incerto e timoroso

giordan









domenica 8 gennaio 2012

religione e mercato



Non vorrei disturbare la quiete dei tanti che …
credono di credere, ma credono a qualcosa che sta al capo opposto dell’immagine e della filosofia “cristica”.

S. Francesco, sappiamo essere stato un soggetto che ha transitato per quel lato oscuro che fa divino l’uomo in terra, malgrado avvolto dai suoi crimini: virtù per i poteri forti (chiesa inclusa). La visione umana della bontà, dell’uguaglianza, della condivisione e della giustizia, sovente, sono “strumentalizzate” e frutto dell’interesse personale di qualcuno più che fedeli regole di un pensiero alto di vita universale basata sull’amore.

Credo di non aver detto nulla di nuovo e di toccare un argomento noto a qualsiasi studente universitario che nei suoi corsi ha incontrato qualche esame di storia.

S. Francesco, ad un certo punto della sua vita, comprende qualcosa e cambia il suo atteggiamento di fedele servo nei confronti del suo Dio. non più guerriero quindi, ma uomo umile, privo di ogni strumento che dia comodità entrando in una fase mistica che lo vede ultimo in terra, ma molto vicino alla parola di Cristo ( sulla base della sua interpretazione personale della parola di Cristo).

Osservando il messaggio di S. Francesco, che per certi versi può essere messo in discussione, non si può certo dire che la sua visione finale del mondo fosse basata sul potere o sull’opulenza.
Senza entrare nello specifico della sua vita e delle sue scelte, ciò che l’uomo deve cogliere è il messaggio di semplicità e bontà ultimo che il religioso ha voluto lasciare all’umanità intera.

Chi gira per le strade di Assisi oggi ed entra nelle varie cattedrali, percepisce un messaggio opposto, totalmente opposto a quello lasciato dal Frate o dalla sua compagna di vita religiosa S. Chiara.
I mercanti ricordano quelli che nel tempio Gesù ha cacciato e i Clerici, sembrano altri mercanti intenti a vendere dosi della loro saccenza piuttosto che diffondere il pensiero alto del loro predecessore.

Lascio a voi i commenti e le Vostre impressioni amici.
Ho inserito un foto paesaggistica … mi sembra più idonea al pensiero divino di pace e amore piuttosto delle orde fameliche di umani che invadono templi o riempiono sporte di croci, acquasantiere o altri oggetti destinati a rimanere solo oggetti.

giordan     


   

martedì 3 gennaio 2012

Jacques Prévert


Premessa:
Molte sono le parole versate per questo poeta e le visioni, a volte contrastanti, che la critica ha dato ad un uomo per certi versi non facilmente collocabile.

È chiaro che le istanze, le seti della critica, necessitano di infrastrutture umane e parole simili a mattoni.
In questo modo, l’arte dello “smontare”, diventa uno strano cantiere che costruisce castelli oppure  stamberghe sulla base della “spendibilità” potenziale dell’artista.

Detto questo, aggiungo solo un mio sentire che, diverso dalle percezioni alt(r)e, ha i suoi valori e i suoi limiti.
Non ho potere, ne sapere, ma soprattutto, non ho strumenti come ogni uomo, per entrare nell’intimo respiro, in questo caso, di Prévert. Onestamente non voglio nemmeno farlo. La poesia va colta poco a poco senza mai sradicarne la radice. Ecco che come un fiore eterno, rilancia messaggi. Apre porte e finestre lasciando entrare il vento che smuove la polvere e le altrimenti statiche convinzioni.


Jacques Prévert
La sua scrittura, contiene tratti fanciulleschi.
Gode di una instancabile e impassibile giovinezza che rilascia in ogni verso, il profumo dell’adolescenza: la primavera umana: (continua)

Alicante

Une orange sur la table
Ta robe sur le tapis
Et toi dans mon lit
Doux présent du présent
Fraîcheur de la nuit
Chaleur de ma vie.

Alicante

Un’arancia sulla tavola
Il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto tu
Dolce presente del presente
Freschezza della notte
Calore della mia vita
J.P.

(da sopra) Dentro questi versi è ciò che sento, che colgo come necessaria energia.
Alicante è il cantico di un innamorato che rispecchia il pensiero dell’autore:

“ i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore”

È capace di muovere i passi anche in altre forme di linguaggio, in altri mo(n)di dell’essere umano:

La guerre

Vous déboisez
imbéciles
vous déboisez
Tous les Jeunes arbres avec la vieille hache
vous les enlevez
Vous déboisez
imbeciles
vous déboisez
Et les vieux arbres avec leurs vieillers racines
leurs vieux dentiers
vous les gardez
Et vous accrochez une pancarte
Arbres du bien et du mal
Arbres de la victoire
Arbres de la liberté
Et la forêt déserte pue le vieux bois crevé
Et les oiseaux s’en vont
et vous restez là à chanter
Vous restez là
Imbéciles
À chanter et à defiler.

La guerra  

Voi disboscate
imbecilli
voi disboscate
Tutti gli alberi giovani con la vecchia accetta
voi li fate fuori
Disboscate
imbecilli  
voi disboscate
E gli alberi vecchi con le loro vecchie radici
Le loro vecchie dentiere
li proteggete con cura
E ci attaccate una scritta
Alberi del bene e del male
Alberi della Vittoria
Alberi della libertà
E la foresta spoglia impesta il vecchio bosco crepato
e scappano via gli uccelli
e voi restate là a cantare
restate là da bravi
imbecilli a cantare e a sfilare in parata. 
J.P.

La rabbia contro l’ingiustizia e la spietatezza della guerra, è palpabile ad ogni verso.
Nella ripetitività, percepisco due elementi: la ridondanza, tipica dello stremato e la volontà di imprimere il senso, di identificare i colpevoli e il male, nel contesto della guerra.
Un  valore attuale ancora respira dentro questi “insiemi di versi” che se ascoltati, denudano oggi le bassezze mai risolte della nostra miserabile e breve, sin d’ora, esistenza.

giordan

piccola nota biografica su Jacques Prévert:

Jacques Prévert nasce nel dipartimento della Hauts-de-Seine il 4 febbraio 1900 da padre bretone e da madre d'origine alverniate.
L'11 aprile 1977 Prévert muore a Omonville-la-Petite, di cancro al polmone.