venerdì 21 ottobre 2011

morte di un dittatore



molte immagini scorrono raffigurando la morte, la vittoria sul male.
La legge degli uomini è spietata: quando questi la usano sugli altri con il potere, quando il potere cade preda di altri poteri.
La giustizia è altra cosa, ma è un percorso complesso che richiede grande maturità, profondo senso etico. 
L'umanità non è pronta.
Nell'immagine sopra, la morte del dittatore.
non si vede nulla?
lo so.
Abbiamo già tutti visto molto e sputato sopra e puntato il dito e ...
è
un uomo
con il quale il giorno prima, si parlava, si facevano affari, si baciavano le mani.
Forse l'ipocrisia, è il peggiore male dell'umanità.
l'immagine è vuota, non ha il sangue, ma ...
trattiene nella sua uniformità il respiro, un respiro che non serve alla morte.
giordan  

morte di un dittatore

caduto a foglia d’autunno
rosso maculato
come stagione sposa in  continenti altri
grida
sputi
strette di mano e
i baci dei potenti

al suolo
un piccolo mucchio d’ossa vecchie e pelle adesso
arsa
dalla storia e dalla sabbia del deserto

corvi anglo francesi volano
attendono
il placare delle ire indotte
le ceneri fondere ai venti e le memorie anche

allora nessuno potrà sapere altro e i morti
saranno morti per sempre e tutto
ricomincerà su nuove parole 
giordan


martedì 18 ottobre 2011

dedicato a Marghera (estratto dal progetto derive)


tornerò anche domani marghera
scorticato come crosta di tronco
scorna a terra con la gamba stramba e
non comanda l’altra neanche
così
culo al suolo
coda in mezzo
goffo
sembra stancamente e volto al basso
osservi smunto gli attributi con in-sufficienza

le certezze sui dubbi
diventano croci
allora chiameresti la rubìna compagna al giogo
figlia di baco o condanna
lei può della vita ancora farne uso
sogno o
momento falso di reale presente

i giunchi piegano al vento
e i capelli di alghe uguale
a lei la promessa
sempre la stessa:
tornerò anche domani marghera
per goderne l’odore
anche se controvento 
o CONTRO
                   dio
giordano montanaro

dedicato a Federico Garcia Lorca


Federico García Lorca  ( Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Viznar, 19 agosto 1936)
A volte, le parole, sono appese ad un noi “pesante” che, sovente, non gode del superamento e trascina…
come stolide mandrie ai bordi di un arido pascolo, le speranze.
A volte però, la parola è sentimento, ideale, superamento e cammina oltre i limiti dell’uomo, trasforma e solca il campo. Non resta quando è stagione, che cogliere tra foglie e fiori, il dono che prima era seme.
Allora è frutto, acqua di fonte, pazienza e sforzo, il verso franco che non conta le asimmetrie, sfama e disseta.
Un verso che fa lotta e poi battaglia e conquista, ma non taglia,
non lascia esangue … cura e unge le ferite della superficialità umana.
Ecco all’ora sì, parole appese,ma ad un noi “pensante” e  non più
“pesante”.

giordan    

La notte non vuole venire
perché tu non venga
e io non possa andare.

Ma io andrò
benché un sole di scorpioni mi mangi la testa.

Ma tu verrai
con la lingua bruciata dalla pioggia di sale.

Il giorno non vuole venire
perché tu non venga
e io non possa andare.

Ma io andrò
portando ai rospi il mio garofano morsicato.

Ma tu verrai
nelle cupe cloache dell'oscurità.

Né la notte né il giorno non vogliono venire
perché io muoia per te
e tu per me.
Federico Garcia Lorca

un pensiero per Andrea Zanzotto



Si è spento oggi il poeta Andrea Zanzotto.
Un uomo che ha rappresentato un segno tangibile della Vera cultura italiana, fondata sulla pelle di coloro che hanno vinto le ingiustizie della guerra.
Voce, di un popolo e di un territorio, riscattati dalla guerra e dalle sue macerie ed ora, costretti a rifare i conti con un passato ancora "presente"

propongo una poesia che ritengo onesta traccia di un grande lavoro fatto da un grande uomo:

Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende
- soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli -
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch'io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d'inferno
degli atomi e il conato
torbido d'alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori.

Poesia di Andrea Zanzotto