domenica 9 dicembre 2012

Un pensiero libertario sull'editoria





Le librerie sono colme di libri come è logico che sia e ogni libro contiene una storia personale, una sfida nel mondo della comunicazione alta. Alta perché la lettura richiede tempo ed oggi il tempo è marcato, produzione, risorsa e non più attesa, pensiero, osservazione.

c’è però un elemento che sfugge e che tenta di trascinare la libertà del tempo, in un baratro meccanicista del consumo di massa.

Faccio un passo indietro: la lettura, come ho affermato prima, è antitetica nel mondo del tempo denaro. Tale condizione, implica che la stessa è il simbolo per eccellenza della libertà e non del controllo, della finanza che tutto trasforma in profitto o perdita.

Si desume quindi, che il contenuto di un libro non dovrebbe avere filtri, controlli, regole, ma essere semplicemente anarchico, senza governo.  Solo in questo modo, la lettura si disseta.

Sono certo che il mio pensiero non va a braccetto con la critica che impone il controllo, il giudizio, la legge che decide ciò che merita diffusione oppure ciò che non lo merita.

Questo atteggiamento, non è contemplato in natura, ma è tipico dell’uomo.

La natura infatti, non limita l’esistenza a nessun elemento organico, ma è lo stesso elemento, che dovrà trovare le condizioni per sopravvivere interagendosi con altri elementi. L’insieme degli organismi, crea le condizioni di criticità o di favore di ogni singola esistenza costituendo le basi per il radicamento o la scomparsa.
Essendo la critica uno strumento gestito da alcuni, impedisce di fatto un naturale confronto con tutti gli elementi necessari.

Ecco perché ritengo il libro un oggetto destinato a diventare merce. Dico destinato a diventare, perché alcuni di essi, una minoranza purtroppo, non sono ancora sottoposti al controllo dell’editoria, ma muovono su canali indipendenti.

La pubblicazione o l’editoria indipendente, ultimamente, sono oggetto di forti attenzioni da parte del mondo politico ed editoriale in quanto rappresentano una minaccia per il loro potere e innesca un germe libertario nella illibertà di parola che ora viviamo.

È chiaro che per un lettore diventa più complesso districarsi nel dedalo di parole e correnti diverse e deve studiare molto di più, leggere ad ampio spettro senza dogmi per comprendere i fenomeni che regolano l’umanità. È però altresì chiaro che ora viviamo in una sorta di limbo dove la verità di alcuni, è la verità per tutti e non credo sia democrazia o pluralismo tutto ciò.

Che cos’à di diverso un libro della grande distribuzione editoriale di massa oggi, rispetto ad un programma televisivo? 
Chi avrebbe letto cosa e che cosa se non fosse passato per i maggiori canali di comunicazione? 
Quanti oggi leggono un libro perché entrano in libreria e lo scoprono? 
Quanti oggi leggono un libro che comprano dall’editoria indipendente?
L’intervista di Biagi a Pasolini, può indurvi a comprendere meglio il mio ragionamento, anche se in quel contesto era la sola televisione oggetto di discussione.
Con questa breve analisi, apro un dibattito con tutti coloro che desiderano partecipare lasciando dei commenti al post

giordan


      

domenica 2 dicembre 2012

Pasolini e gli italiani



l’uomo ha un limite profondo ancora oggi: non impara dai suoi errori.
Così la stupidità, la rabbia, la sete di potere, migrano e invadono i continenti lasciando al suolo carne straziata, sanguinante e marcescente.
L’odio e l’avidità sono i pilastri dell’involuzione dove, i poteri forti, costituiscono i loro statuti, le loro ideologie, i loro dogmi.

Giordan