sabato 31 gennaio 2009

l'informazione: a chi credere oggi?



È sempre più difficile districarsi nel dedalo dell’informazione o bisogna solo imparare a selezionare e ragionare sui fatti?

Ogni giorno veniamo bombardati da un’infinità di fonti informative con le stesse e identiche notizie.

Queste, in base all’ideologia politica di chi le gestisce, all’arroganza dei vari governi o delle strutture religiose, subiscono mutilazioni, alterazioni, e un’infinità di altre nefandezze che ne pregiudicano la bontà.

Questo perverso meccanismo è molto diffuso nel nostro paese, negli USA e in molti altri luoghi del mondo ma se ci addestriamo un po’ nella ricerca e ci si inoltra nel mondo dell’informazione parallela svincolata dai controlli e dai giochi di potere, si comprende quanto sia diversa la realtà che ci viene comunemente prospettata.

Scopriamo addirittura che alcune informazioni sono costruite dai giochi di potere e non hanno alcuna fondatezza.

Se per esempio analizziamo quanto la stampa comune diffonde riguardo le regioni colpite dalla guerra: Iraq, Afghanistan, Libano e Palestina scopriamo che c’è una certa omologazione, e la stessa, dovrebbe indurci alla riflessione.

La così detta informazione ufficiale, quella che si prefigge l’onore di “assoluta attendibilità”, si para dietro una forte campagna protezionista che sfrutta i maggiori canali di comunicazione screditando ogni altra fonte di divulgazione. Nel territorio dell’informazione indipendente esistono svariati settori di competenza, uno dei quali è costituito dagli inviati di pace e, questi, non hanno certo una importante disponibilità mediatica che, associata alle minori risorse economiche, vede circoscritta la diffusione delle informazioni da loro reperite nel solo mondo di internet. Malgrado la rete sia visitata, non è mai come essere presenti nei canali di maggiore diffusione alla portata di tutti. Vengono in questo modo compromessi degli elementi essenziali quali visibilità e diffusione di massa.

Dobbiamo pensare che molti giornalisti freelance si muovono in luoghi pericolosi, mettendo a repentaglio la loro vita per garantire una corretta informazione. La loro missione non viene riconosciuta da nessuno se non dai pochi, che acquistando il materiale, divulgano le così dette “voci fuori dal coro”. L’obiettivo primario per questi organismi di informazione alternativi è la trasparenza e la non dipendenza economica da organi di potere o da multinazionali, tale indipendenza è il motore essenziale che ne garantisce l’affidabilità.

Osservando con attenzione le mosse dei gestori della così detta “informazione ufficiale”, si comprende subito che, quanto citato, corrisponde alla verità. Il giornalismo per il consumo di massa si muove su dei binari ben delineati, che rendono uniformi ma distorte, se non false, le notizie. La variabile, come in precedenza citato, è solo confinata nella rude ubicazione politico-religioso di quel giornale o emittente televisiva. Chiariti questi aspetti, per coloro che non si accontentano e che non voglio essere presi in giro, nasce l’indispensabile sete di informazione “pulita” che va ricercata appunto nella rete. Molti sono i siti di informazione che si sganciano dal controllo centrale e possono fornire una visione più ampia, delineata e coerente alla realtà dei fatti, citarli ora sarebbe molto impegnativo e si rischierebbe di ometterne qualcuno ingiustamente. Tutto ciò, amplifica le conoscenze di chi si imbatte in questo nuovo modo di informarsi. Se teniamo conto della grande attenzione che nelle zone di guerra si dedica ai reporter freelance, (ottimi bersagli per i vari portatori di democrazia), non possiamo che considerare maggiormente importanti le informazioni provenienti dalle “penne blu della pace” che si identificano, in questo caso, come soggetti dalla parte opposta delle barricate e quindi, agli antipodi degli interessi economici dei signori della guerra.

G.M.


uomo in fuga















sono un uomo in fuga e

questa notte

il pane che spezzo lo condivido

esso è il pane della sofferenza

dell’esilio

di quell’impasto

figlio di un boccone amaro che

sfama la mia moltitudine

in questo errante destino atavico

nei marciapiedi o

tra gli arpioni

agli angoli delle chiese

rotolo con i miei stracci

nell’adyton dei miserabili

qui fuori

solo i cani sono degni

Giordano Montanaro


gente di pace


la forza di una madre
le sue lacrime
contro la barbarie e l'ingiustizia


















abitare i popoli
per comprendere e allungare le mani

popoli e pianeta


Cosa può vedere, sentire, un essere umano che si ferma, ruota sui propri passi e osserva l’orizzonte?

Un aborigeno Australiano, un indios della foresta amazzonica o un Pokot del Kenya, vedono le loro impronte nella terra, la loro storia fondersi nell’insieme costituente l’immenso attorno, come lo hanno trovato nel giorno del vagito. Vedono sconfinate praterie o foreste la dove, prima dell’arrivo dei coloni, i loro antenati si sono susseguiti e nutriti in perfetta armonia con e nel territorio. Sentono il profumo del vento, il canto degli uccelli, la terra muovere al tonfo sordo dell’elefante in movimento. Vedono, vivono, fame e miseria che in un inesorabile processo distruttivo, attanaglia popoli rapiti alla loro libertà e dignità. Le guerre che scaturiscono, li sterminano dandoli in sacrificio al “dio del progresso regressivo”.
Cosa può vedere, sentire oggi un essere umano che si ferma e ruota sui propri passi, con comode nike sull’asfalto e osserva l’orizzonte?

Forse le sue anonime tracce visibili solamente se coincidenti e sormontanti con un hot dog sfracellato, un cielo grigio, magmatico e in convulso movimento che avanza e sembra voler ingoiare i tetti di orrendi condomini dove, infiniti terrazzini, spuntano come escrescenze sostenendo a fatica parabole enormi. Sente l’odore nauseabondo dell’aria carica di benzene, essa penetra le narici rubando a poco a poco i giorni a venire. Sente l’urlo delle sirene, i clacson delle auto. Vede i clochard vagare e spegnersi nel freddo, delle donne vendersi al caso e un insieme di cialtroni in bianche divise alla tv che gridano: “non è vero! Il mondo è piatto e al confine dell’ignoto, si cade nel vuoto!” Si! Si cade nel vuoto, nel vacuo isolamento dal sistema, che non ammette uscite dai binari e se lo fai, ti allontana.
Credo sia giunto il momento di riflettere, valutare cosa sta collocato al capo più remoto e cosa invece avvicina, queste civiltà apparentemente così diverse tra loro.
Le condizioni di vita degli aborigeni,delle tribù africane e di tutte quelle civiltà che non hanno partecipato al nostro aberrante progresso distruttivo, vengono alterate e massacrate dal conflitto intersociale. Esso scaturisce dal confronto e dalla pressione, che la nostra presenza invasiva esercita come “civiltà evoluta”. Abbiamo dato loro oggetti stravaganti, inutili e obsoleti, scartati dal nostro attuale sistema in continua espansione, che usa e getta in base ai trend del momento, illudendoli di una falsa emancipazione, di una parificazione sociale al nostro meschino sistema. Abbiamo usato le loro terre come discariche per rifiuti tossici e radioattivi: (il prezzo della nostra civiltà va fatto pagare a chi non immagina le conseguenze a chi, con la polvere dorata delle macchine radiologiche, fa ornamenti da sovrapporre alla lucida pelle nera). Non soddisfatti degli scempi, abbiamo dato loro i fucili così possono accellerare il processo di estinzione. Da questa parte del globo, nel nostro mondo agiato e confortevole, qualcuno comprende l’insostenibilità del meccanismo. Intuisce il preludio di una nuova era drammatica che rinnova l’esclusione dei più deboli dalle logiche di dominio geopolitico. Denuncia l’esagerato abuso di potere che l’uomo “emancipato” esercita su ogni cosa o essere vivente del pianeta. Cerca di diffondere il suo pensiero, sperando di colpire nella sensibilità di coloro che non si pongono domande in merito ma i tentativi spesso vanificano in un totale disinteresse relegando, emarginando, colui che esce dal coro, al punto di trovarsi con la definizione di “sovversivo”. È terribile e paradossale al tempo stesso, ma dobbiamo renderci conto, che potere e egoismo, sono elementi acquisiti nel corso del cammino “pseudo-evolutivo” i quali, costituiscono lo scheletro del comportamento umano attuale. Per ottenere ciò che vuole, un uomo è disposto a qualsiasi cosa. La riflessione identifica una similitudine tra gli emarginati del grande ingranaggio e coloro che, essendone fuori, sono costretti a subirne le conseguenze senza trarne il minimo vantaggio. Costoro appartengono forse, ad un piccolo gruppo di umani che ancora ha radici profonde con la terra al punto di essere in simbiosi con la stessa. Sono l’involontario movente che incastra l’arroganza, che evidenzia il moto perpetuo degli atteggi violenti, dei soprusi razziali. Oggi, la pace è messa al bando dai gestori delle risorse. Essi calpestano chiunque la cerchi e la inneggi nel mondo dei globalizzati e in quei popoli che vivono ai margini del “sistema economico”, della nostra “urbanità civile”. Guardiamoci alle spalle e analizziamo l’alba delle nostre tracce. Ripetiamo inesorabilmente gli stessi errori “sempre che siano considerati tali dalla moltitudine degli eletti al potere susseguitasi e attuale”. Forse, 35 mila anni fa, abbiamo collaudato per la prima volta, la nostra strategia di dominio contro gli uomini di Neandertal gettando basi e regole, del primo genocidio.

E’ forse nel nostro DNA agire e reagire sempre anteponendo il nostro interesse ad ogni cosa anche quando ne va della vita di altri esseri viventi?

Può essere ma fortunatamente, non tutti gli uomini sono così e una parte di loro si distingue. Saranno l’astro nascente di una nuova filosofia di pensiero che vedrà uniti popoli di diverse culture ma con un unico obiettivo: lasciare ai loro figli, il dono della vita in una terra amica e pulita come i nostri antenati l’hanno trovata. Speriamo sia lasciato loro il tempo di issare la vela e far salpare ancora una volta, l’arcaica saggezza che ci distingue e che nel corso della evoluzione regressiva molti hanno perduto.

Giordano Montanaro

anarchici


















restano appesi

alla scoscesa inclemenza

o ad un sostare medianico della garrotta

sostanti nel limbo attendono

s’aprono al destino insorto

sangue anofele scorre

sull’altro mondo e

malarico s’adagia e crepa

nell’indistinto passaggio al prometeo


g.m.

TERRE A NORD EST















qui

ad altri sembra
il vento soffi sempre uguale
lento

affranto nel ripetuto incanto

levo l'occhio intonso

sono un passaggio franco e
distanzio
da coloro che non godono l'ansia dello scoprire
non vivono l'angoscia
del non sapere

ridonda senza fine
un eco asperso e immerso

diffonde e non da tregua

come acqua di torrente al mare
sfocia

disperde l'anima mia

da queste terre avide

g.m.

l'indifferenza dell'Europa















Ebbene,
siamo di fronte ad un altro grande esempio della demenza umana, un altro elemento dimostrativo dell’ incoscienza, dell’immaturità ma soprattutto, dell’ involuzione della specie, in coloro che si ritengono migliori di altri, semplicemente in funzione alla posizione geografica o al p.i.l. raggiunto. La critica non è rivolta solamente alle schiere del potere che oramai hanno dimostrato, per chi ha un briciolo di capacità intellettiva, il loro intento sul mondo dei miserabili ma a tutta la massa sorda e indifferente, che guarda con distacco la morte imposta a popoli innocenti per mano di paesi economicamente e militarmente più potenti (nell’ignorata attesa che la mano del potere, faccia il giro del pianeta senza risparmiare nessuno).
L’agglomerato umano occidentale, generalmente, è più intento al proprio orticello che hai problemi collettivi del resto, anche quando costruiscono una base da guerra a pochi metri da casa (vedi il Dal Molin), per alcuni non è un dramma anzi, è una fonte di reddito. Ciò che conta, è l’erbetta del proprio giardino anche se fuori, gli altri crepano. Le frasi consolidate di giustificazione che sovente si sentono sono: “ -tanto non possiamo farci niente - è una lotta inutile, chi comanda ha sempre ragione - che senso ha protestare? Esporsi in prima persona o fare le manifestazioni in piazza? Così si passa automaticamente al torto e ci si mescola con i facinorosi - ecc. ecc”.
Queste affermazioni sono delle vere “bestialità”!
Il termine bestialità fra graffette, è meramente impiegato per convenzione comunicativa. Preciso che biologicamente, l’uso è scorretto in quanto, nel mondo che gli umani classificano come: “mondo animale o bestiale”, non esistono comportamenti assurdi e violenti come nella nostra specie.
Abbiamo visto l’america invadere l’Iraq, quell’america delle torture di Guantanamo, spalleggiata da un’europa che non ha preso posizioni concrete, contro l’assurda aggressione ma anzi si è schierata al loro fianco, con falsi eserciti di pace. Tutto questo, per l’opinione pubblica, serviva a privare delle armi di distruzione di massa Saddam (quali?), serviva per sedare nell’indotta guerra (non dimentichiamo, guerra innescata dall’occidente), un incessante e crescente terrorismo locale (o resistenza?), serviva per soddisfare un interesse umanitario, alla ristabilizzazione politica e sociale dei territori devastati dal conflitto (o per nascondere invece, il ruolo del topo che rosicchia quanto cade dal tavolo degli usa o degli inglesi, primi registi nel conflitto?).
Adesso agli occhi del mondo, ci sono le azioni barbariche di israele nei confronti della Palestina. Sono di una violenza inaudita e colpiscono principalmente i civili. Donne, Bambini, sono le persone che più pagano la violenza della guerra, una guerra che mostra fin da subito, scopi diversi da quelli annunciati dalla stampa mondiale. L’europa, ancora una volta, con il suo ruolo apparentemente critico, dimostra una non presa di posizione, un’accettazione alla pilato, su quanto sta accadendo.
Un europa, che si prodiga ad organizzare sedute straordinarie con i vari membri della comunità, per discutere il da farsi: ieri, per l’antica terra di Babilonia ed oggi, per la martoriata Palestina. Intanto, mentre blaterano, innocenti muoiono ogni secondo.
Poche sono le iniziative che nascono in occidente per denunciare quanto accade e ringraziamo quelle persone, una minoranza purtroppo, che hanno il coraggio e la tenacia di diffondere gli efferati crimini che le guerre dei nostri tempi provocano, perseguitando deboli popolazioni che incondizionatamente e senza possibilità di scelta, devono subire.
Dimentichiamo la storia, ignoriamo il passato e le sofferenze che molte genti hanno subito e per noi europei che abbiamo vissuto in casa le due guerre del 900, questo dimenticare, è da considerarsi un insulto a coloro che hanno dato la vita per la libertà. Abbiamo visto il genocidio degli armeni, quello dei curdi, la deportazione degli ebrei, le persecuzioni nei confronti degli zingari o altre minoranze etniche o culturali ma non abbiamo tratto insegnamento. Ora, un popolo perseguitato nel secondo conflitto mondiale, aggredisce in maniera estremamente violenta, lo stato sovrano della Palestina. Se anche una minoranza di persone sono contro israele e per certi aspetti hanno dimostrato di essere una minaccia, le azioni intraprese e la violenza usata, non sono giustificabili. israele dovrebbe farsi un esame di coscienza, sul modo in cui sta agendo e sul modo in cui si è insediato dal 1948 in poi su quelle terre. l’aggressività impiegata, non farà altro che aumentare il numero di coloro che si schierano con hammas, unico punto di riferimento e di lotta, del popolo palestinese. A volte viene da pensare, che questo evento, potrebbe rientrare in uno dei tanti piani di israele per giustificare il progetto di guerra, che nasconde l’occupazione totale della Palestina anche perché oramai, è solo questione di tempo, poco tempo.
Dobbiamo smetterla di giustificare lo stato ebraico egli non ha nessun diritto di agire in quel modo.
Le immagini di questi giorni, hanno mostrato in maniera eclatante, le responsabilità dell’esercito israeliano, degne di essere giudicate in un tribunale come quello dell’Aia (se la legge è veramente uguale per tutti). Un tribunale che dovrebbe giudicare, anche i crimini commessi dalle forze statunitensi in Iraq e a Guantanamo.
Ma l’eruropa sta a guardare mentre la massa imponente e volutamente impotente, vive aspettando Godot.
Vive tenendosi stretto uno status economico falso, precario, fondato nel debito indotto.
Ma il gioco è giunto alla fine, la fine di un percorso, radicato in un deformato sistema perverso, che ha mantenuto in vita un capitalismo sfrenato e corrotto.
Un capitalismo che adesso in ginocchio, attende la morte davanti al suo capezzale, o all’ultimo, scaglierà il colpo di reni sulla gente ancora ignara allungando i suoi tentacoli, sempre sulle terre dei più deboli per prosciugarne le risorse. Questo siamo noi oggi, nessuna differenza dalle crociate, dall’impero romano dall’ambiziosa impresa nazista di conquistare il mondo
Alcuni popoli sono carne da macello e altri, animali da allevamento sottoposti ad alimentazione forzata a pagamento (è chiaro che nella disgrazia, i secondi vivono meglio dei primi ma nessuno in questo gioco, e un popolo libero).
(le maiuscole non si sprecano sono un valore che si deve guadagnare)

giordano montanaro

venerdì 30 gennaio 2009

IL RITORNO















(tratto dall'albero di Vincent)


ti hanno colto
senza scrollar le foglie
sdraiata
su di un letto d'erba

nel cuore del bosco
la tua camera ardente

quel bosco che sa attendere
tra le anse più ombrate
fra le orchiedee più belle
il tuo ritorno
g.m.