Sylvia Plath, nasce a Boston il 27 ottobre 1932. La sua poesia è carica di elementi naturali e “naviga” in un moto quasi perpetuo, tra i respiri della vita e le staticità della morte.
Questo è quanto leggendo alcune sue poesie, ho percepito. Non vuole essere questo mio sentire una traccia uniformabile a chiunque naturalmente. Come sempre scrivo, la poesia è: un linguaggio universale che comunica nella lingua madre e che sopravvive tra le pieghe di altre lingue, lasciando al vento diverse essenze. Alcune impercettibili, ma presenti.
La sua universalità la rende incatturabile, indefinibile, inclassificabile o … visibile o invisibile
In relazione alla sensibilità del lettore.
Sylvia, muore suicida all’età di trent’anni nel febbraio del 1963.
Si è scritto molto sulla sua “diversità mentale”.
È tutto pieno, senza spazio di salvezza.
Sylvia è: una traccia che testimonia in parte, la nostra impietosa società.
Sylvia è: una vittima di se stessa.
Sylvia è: stata una donna con un cuore, un cervello, un amore …
Sylvia è: noi, lei, le sconfitte e le vittorie di un mondo sempre più umano nella sua disumanità.
Giordan
The beast
He was bullman earlier,
King of the dish, my lucky animal.
Breathing was easy in his airy holding.
The sun sat in his armpit.
Nothing went moldy. The little invisibles
Waited on him hand and foot.
The blue sisters sent me to another school.
Monkey lived under the dunce cap.
He kept blowing me kisses.
I hardly knew him.
He won’t be got rid of:
Mumblepaws, teary and sorry.
Fido Littlesoul, the bowel’s familiar.
A dustbin’s enough for him.
The dark’s his bone.
Call him any name, he’ll come to it.
Mud-sump, happy sty-face.
I’ve married a cupboard of rubbish.
I bed in a fish puddle.
Down here the sky is always falling.
Hogwallow’s at the window.
The star bugs won’t save me this month.
I housekeep in Time’s gut-end
Among emmets and mollusks,
Duchess of Nothing,
Hairtusk’s bride.
La bestia
Prima lui era uomo-toro,
Re del piatto, mio animale fortunato.
Nel suo arioso dominio respirare era facile.
Il sole dimorava nelle sue ascelle.
Niente ammuffiva. I piccoli esseri invisibili
Erano a sua completa disposizione.
Le suore azzurre mi mandarono in un’altra scuola.
La scimmia viveva sotto un berretto d’asino.
Lui continuava a mandarmi baci.
Io lo conoscevo appena.
Lui non si fa scacciare:
Zampettino, mugolante e dispiaciuto,
Fido Coccolino, intimo delle viscere.
La pattumiera gli è sufficiente.
Il buio è il suo osso.
Offendilo come vuoi, lui risponderà.
Pozza di fango,felice faccia-da-truogolo.
Ho sposato un armadio di immondizia.
Mi metto a letto in una pozzanghera di pesci.
Quaggiù il cielo precipita sempre.
Alla finestra c’è il porcile.
Questo mese gli insetti-stella non mi salveranno.
Casalinga nelle budella del Tempo,
Fra formiche e molluschi,
Duchessa del Nulla,
Sposa di Zanna-pelosa.
(autore Sylvia Plath)
(poesia tratta da: SYLVIA PLATH: LE MUSA INQUIETANTI)
Raccolta: “i poeti allo specchio” Arnoldo Mondadori Editore ed.1985
2 commenti:
questa poesia è un pugno nello stomaco, sovverte "l'ordine delle cose", Sylvia pesca nella sua mente le parole che reputa più adatte a spiegare il suo sentire. Come si fa a parlare di pazzia? In pochi riuscirebbero a scrivere versi più puri.
Ciao TuristadiMestiere, ciò che dici è corretto. Sylvia è l'espressione massima della vittima sacrificale. Una vittima che esprime la sua totale fragilità e perfezione, innanzi un mondo sempre più macchina e meno cuore.
un abbraccio
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