sabato 31 gennaio 2009

popoli e pianeta


Cosa può vedere, sentire, un essere umano che si ferma, ruota sui propri passi e osserva l’orizzonte?

Un aborigeno Australiano, un indios della foresta amazzonica o un Pokot del Kenya, vedono le loro impronte nella terra, la loro storia fondersi nell’insieme costituente l’immenso attorno, come lo hanno trovato nel giorno del vagito. Vedono sconfinate praterie o foreste la dove, prima dell’arrivo dei coloni, i loro antenati si sono susseguiti e nutriti in perfetta armonia con e nel territorio. Sentono il profumo del vento, il canto degli uccelli, la terra muovere al tonfo sordo dell’elefante in movimento. Vedono, vivono, fame e miseria che in un inesorabile processo distruttivo, attanaglia popoli rapiti alla loro libertà e dignità. Le guerre che scaturiscono, li sterminano dandoli in sacrificio al “dio del progresso regressivo”.
Cosa può vedere, sentire oggi un essere umano che si ferma e ruota sui propri passi, con comode nike sull’asfalto e osserva l’orizzonte?

Forse le sue anonime tracce visibili solamente se coincidenti e sormontanti con un hot dog sfracellato, un cielo grigio, magmatico e in convulso movimento che avanza e sembra voler ingoiare i tetti di orrendi condomini dove, infiniti terrazzini, spuntano come escrescenze sostenendo a fatica parabole enormi. Sente l’odore nauseabondo dell’aria carica di benzene, essa penetra le narici rubando a poco a poco i giorni a venire. Sente l’urlo delle sirene, i clacson delle auto. Vede i clochard vagare e spegnersi nel freddo, delle donne vendersi al caso e un insieme di cialtroni in bianche divise alla tv che gridano: “non è vero! Il mondo è piatto e al confine dell’ignoto, si cade nel vuoto!” Si! Si cade nel vuoto, nel vacuo isolamento dal sistema, che non ammette uscite dai binari e se lo fai, ti allontana.
Credo sia giunto il momento di riflettere, valutare cosa sta collocato al capo più remoto e cosa invece avvicina, queste civiltà apparentemente così diverse tra loro.
Le condizioni di vita degli aborigeni,delle tribù africane e di tutte quelle civiltà che non hanno partecipato al nostro aberrante progresso distruttivo, vengono alterate e massacrate dal conflitto intersociale. Esso scaturisce dal confronto e dalla pressione, che la nostra presenza invasiva esercita come “civiltà evoluta”. Abbiamo dato loro oggetti stravaganti, inutili e obsoleti, scartati dal nostro attuale sistema in continua espansione, che usa e getta in base ai trend del momento, illudendoli di una falsa emancipazione, di una parificazione sociale al nostro meschino sistema. Abbiamo usato le loro terre come discariche per rifiuti tossici e radioattivi: (il prezzo della nostra civiltà va fatto pagare a chi non immagina le conseguenze a chi, con la polvere dorata delle macchine radiologiche, fa ornamenti da sovrapporre alla lucida pelle nera). Non soddisfatti degli scempi, abbiamo dato loro i fucili così possono accellerare il processo di estinzione. Da questa parte del globo, nel nostro mondo agiato e confortevole, qualcuno comprende l’insostenibilità del meccanismo. Intuisce il preludio di una nuova era drammatica che rinnova l’esclusione dei più deboli dalle logiche di dominio geopolitico. Denuncia l’esagerato abuso di potere che l’uomo “emancipato” esercita su ogni cosa o essere vivente del pianeta. Cerca di diffondere il suo pensiero, sperando di colpire nella sensibilità di coloro che non si pongono domande in merito ma i tentativi spesso vanificano in un totale disinteresse relegando, emarginando, colui che esce dal coro, al punto di trovarsi con la definizione di “sovversivo”. È terribile e paradossale al tempo stesso, ma dobbiamo renderci conto, che potere e egoismo, sono elementi acquisiti nel corso del cammino “pseudo-evolutivo” i quali, costituiscono lo scheletro del comportamento umano attuale. Per ottenere ciò che vuole, un uomo è disposto a qualsiasi cosa. La riflessione identifica una similitudine tra gli emarginati del grande ingranaggio e coloro che, essendone fuori, sono costretti a subirne le conseguenze senza trarne il minimo vantaggio. Costoro appartengono forse, ad un piccolo gruppo di umani che ancora ha radici profonde con la terra al punto di essere in simbiosi con la stessa. Sono l’involontario movente che incastra l’arroganza, che evidenzia il moto perpetuo degli atteggi violenti, dei soprusi razziali. Oggi, la pace è messa al bando dai gestori delle risorse. Essi calpestano chiunque la cerchi e la inneggi nel mondo dei globalizzati e in quei popoli che vivono ai margini del “sistema economico”, della nostra “urbanità civile”. Guardiamoci alle spalle e analizziamo l’alba delle nostre tracce. Ripetiamo inesorabilmente gli stessi errori “sempre che siano considerati tali dalla moltitudine degli eletti al potere susseguitasi e attuale”. Forse, 35 mila anni fa, abbiamo collaudato per la prima volta, la nostra strategia di dominio contro gli uomini di Neandertal gettando basi e regole, del primo genocidio.

E’ forse nel nostro DNA agire e reagire sempre anteponendo il nostro interesse ad ogni cosa anche quando ne va della vita di altri esseri viventi?

Può essere ma fortunatamente, non tutti gli uomini sono così e una parte di loro si distingue. Saranno l’astro nascente di una nuova filosofia di pensiero che vedrà uniti popoli di diverse culture ma con un unico obiettivo: lasciare ai loro figli, il dono della vita in una terra amica e pulita come i nostri antenati l’hanno trovata. Speriamo sia lasciato loro il tempo di issare la vela e far salpare ancora una volta, l’arcaica saggezza che ci distingue e che nel corso della evoluzione regressiva molti hanno perduto.

Giordano Montanaro

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