scorie di genti
traslocano a solchi di greggi eppure
immensa bellezza
freschezza
qui
stana tane di ossequiosi intrusi
dalla madre
dal suo ventre
resta un
resto ora
putrida stigmate intrisa di
quel meschino passaggio
seme e
frutto poi
disagio ostinato
piegato
nelle sparse cattedrali del pegno
come mordace
il cane di mancate modestie azzanna
in ginocchio crepi e
spacchi
i denti ai giunchi
ogni desolato fallito
resta un saltimbanco che
su ossari di un passato ponderato
aspetta Godot
all’imbocco
di una rotatoria
Giordan