Richiamo arcaico
s’eclissava in ansimo
l’ardore sfrontato e odoroso di noi
in quella stanza ornata di stucchi
di putti e scene di caccia
schiumava sopra il tuo seno
il fresco vino bianco
adagio
dal calice lo versavo
trasalivi
mentre fiume nervoso
scendeva
sfociando a delta
in scura foresta
penetrava i tortuosi alvei e
verso il fondo
a cascata
stillava
tra le socchiuse mie labbra dalle tue
shahara
ho conosciuto il tuo profumo
ora
desidero conoscere il tuo corpo
occhi miei
saziate questa sete che mi arsa
strazìate questa vista che s’appanna
nel calore di quell’io
che andava sicuro al passo
vedo l’ora confusa
smossa
inseguo invano il cuore che disperde la sagoma tra gli aliti del ghibli
possedere il tuo corpo
possedere il tuo corpo
adesso
amore irrazionale
porta del godere
illudiamo ancora una volta
lo scorpione nel suo vagare
le tracce nel deserto
sono testimoni del nostro sostare
ricordare
le fiamme danzano con oscillo d'anca
donne
leccate il miele incrostato di consunti amori
intanto sto qui
libero pensiero
piovo nel mondo
con silenzioso sorvolo
tersa luce
scorre a sangue nell’antico mio corpo
respiro ora
ciò che rimane
di questi caldi umori
tu sei…
lo schiudersi
di mille fiori di pesco
la flessibile danza
di gitane della Camargue
la serenità dolce e calda
della mia intimità